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Che cos’è l’intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale: tra progresso, rischi e la sfida di restare umani

di Rosa Buzzi

L’essere umano, da sempre, cerca di comprendere e riprodurre ciò che lo rende unico, ovvero, la capacità di pensare e creare. Già nell’antica Grecia, gli automi di Efesto raccontavano il desiderio di dare vita all’inanimato. Con l’età moderna quel sogno si è trasformato in un progetto scientifico che unisce logica, matematica e filosofia della mente.

Nel 1950 Alan Turing, nel celebre articolo “Computing Machinery and Intelligence”, si chiese se le macchine potessero pensare. Da quella domanda nacque una rivoluzione. Pochi anni dopo, nel 1956, un gruppo di ricercatori si riunì a Dartmouth e nacque il termine “intelligenza artificiale”, insieme alla convinzione che ogni forma di apprendimento potesse, almeno in teoria, essere simulata da una macchina.

Dopo entusiasmi e delusioni, oggi l’intelligenza artificiale (IA) è parte della nostra vita. Non indica una sola tecnologia ma un insieme di strumenti che permettono ai computer di riconoscere immagini, tradurre, scrivere, diagnosticare malattie o guidare veicoli. Alla base ci sono gli algoritmi di machine learning, che imparano dai dati invece di seguire istruzioni fisse. Le reti neurali, ispirate al cervello umano, elaborano informazioni e costruiscono modelli in grado di riconoscere volti o significati. Tuttavia, queste macchine non possiedono alcuna comprensione reale poiché non colgono il significato delle domande né quello delle risposte, ma selezionano la combinazione di parole più probabile in base ai dati ricevuti. Come scriveva Norbert Wiener, padre della cibernetica, “le macchine non hanno fame, non hanno desideri, non hanno scopi propri”. L’uomo resta diverso, perché non è solo calcolo ma anche coscienza, emozione e intuizione.

Le potenzialità dell’IA sono immense, ma altrettanto grandi i rischi. Se può migliorare la medicina e la conoscenza, può anche sostituire decisioni umane con automatismi opachi. Per questo l’Unione Europea ha adottato il Regolamento (UE) 2024/1689 (AI Act), per garantire uno sviluppo trasparente e rispettoso dei diritti fondamentali dell’uomo.

La letteratura aveva intuito tutto molto prima della scienza. Da “Frankenstein” di Mary Shelley a “Io, Robot” di Isaac Asimov, l’immaginazione ha raccontato la paura e la speranza di un’umanità che crea intelligenze simili a sé. Asimov formulò le celebri “Tre Leggi della Robotica”, ricordando che “un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno”.

L’intelligenza artificiale ci costringe a riflettere su ciò che siamo. Come ha scritto Jean-Gabriel Ganascia, “non è tanto l’intelligenza artificiale a imitare l’uomo quanto l’uomo che deve riscoprire se stesso davanti allo specchio dell’intelligenza artificiale”. Se sapremo guidarla con responsabilità, l’IA resterà una conquista del pensiero e non una sua minaccia. Asimov ricordava che la domanda da porsi non è tanto se le macchine possano pensare, ma se gli uomini sapranno ancora pensare quando le macchine lo faranno per loro.