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Woyzeck di Ersan Mondtag incanta Spoleto – Festival dei Due Mondi

Il dolore di Woyzeck, la prigione della mente: la prima italiana di Ersan Mondtag a Spoleto
di Patrizia Miracco

Al 68° Festival dei Due Mondi, il capolavoro incompiuto di Büchner prende vita tra sperimentazione visiva e musica live. Sabato 5 luglio uno spettacolo ipnotico, quasi onirico è andato in scena al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti di Spoleto, una prima italiana del “Woyzeck” diretto da Ersan Mondtag, tra le figure emergenti del teatro europeo. Lo spettacolo è una produzione del Berliner Ensemble, storico gruppo fondato da Bertolt Brecht.
L’opera, tratta dal celebre testo incompiuto di Georg Büchner, racconta la tragica discesa agli inferi di un uomo qualunque: Woyzeck, soldato povero, padre e compagno fragile, che cerca disperatamente di restare umano in un sistema che lo disumanizza a ogni passo. Büchner scriveva: “Ogni uomo è un abisso”. Mondtag ne fa il fulcro della sua regia, immergendo il protagonista in un’ambientazione fuori dal tempo e dallo spazio, un accampamento immerso in una foresta, popolato da figure grottesche, simbolo di una mascolinità corrotta e violenta. La regia di Mondtag trasforma la scena in una sorta di installazione vivente. Le scene firmate da lui stesso, insieme ai costumi di Ari Schruth e alle luci curate da Rainer Casper e Hans Fründt, creano un universo parallelo, cupo e rituale, in cui ogni dettaglio è carico di senso. Gli attori si muovono come marionette rotte, prigioniere di un codice che si autodistrugge. Maximilian Diehle, nei panni di Woyzeck, offre una performance fisica e struggente, oscillando tra lucidità e delirio, umanità e follia.

Il lavoro drammaturgico di Clara Topic-Matutin ricompone i frammenti del testo di Büchner in una progressiva perdita di contatto con la realtà che non è solo individuale ma collettiva. Il dottore, il capitano, il tamburmaggiore: ogni figura esercita un potere che isola e umilia. In questa gabbia sociale, la follia non è una patologia, ma una risposta. E in questo senso, il Woyzeck di Mondtag parla anche di noi, oggi.

Una menzione speciale va alla musica eseguita dal vivo, composta da Tristan Brusch, che accompagna e amplifica lo smarrimento del protagonista: dissonanze, suoni industriali, lamenti lontani, tutto contribuisce a una sensazione di minaccia costante.
Lo spettacolo mette in discussione la responsabilità individuale nei confronti della colpa, concentrandosi sui meccanismi sociali che portano alla marginalizzazione e alla violenza.

Mi interessa la dinamica che porta un individuo a compiere un gesto estremo – ha dichiarato Mondtag – e la possibilità che dietro un crimine si celi una violenza repressa. Questa riflessione oggi è più attuale che mai”. Non si esce leggeri da questo spettacolo, la bellezza delle immagini e la densità dei temi portano forti emozioni e pongono domande profonde. In tempi in cui la salute mentale, le dinamiche di potere e le disuguaglianze sociali sono al centro del dibattito pubblico, questa messa in scena parla con potenza emotiva di disuguaglianze, disagio psichico e mascolinità tossica. Lo spettacolo, in lingua tedesca con soprattitoli in italiano, ha offerto uno dei momenti più forti di questa edizione del Festival dei Due Mondi.